domenica 21 aprile 2013

La dinastia dei minghia

Chiudo gli occhi.
Inspiro lento, profondo.
Ascolto i miei polmoni gonfiarsi, ne sento quasi le pareti adagiarsi alle costole.
Il profumo di ginepro mi invade.
Espiro come liberandomi da una nube di anidride carbonica.
Riapro gli occhi.
Davanti a me miglia e miglia di terra, vegetazione, natura.
Maestosa.
E una perfetta linea retta (illusione geometrica quanto mai realistica) come orizzonte.
Una linea eterea, tremula come asfalto rovente, sembra voler evaporare via.
Antichi riti echeggiano.
Un'antica bretone con un cappello e un ombrello di carta di riso e canna di bambù.
Furbi contrabbandieri macedoni.
Gesuiti euclidei, vestiti come degli stronzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia dei minghia (no, non sto parlando dei parlamentari italiani, ma sto citando una canzone che mi veniva in mente guardando il paesaggio).
Richiudo gli occhi.
Ispiro di nuovo.
Stavolta l'odore è più pungente.
E più vicino, molto più vicino e pervade tutto intorno a me.
Riapro gli occhi e vedo nello specchietto retrovisore centrale mia moglie che annusa il pannolino di mia figlia.
Mia moglie è come San Tommaso.
Non crede se non mette il dito nel pannolino, scostando le alette per sbirciare e avere conferma visiva di ciò che l'olfatto ha giá capito da tempo.
Ma se mia moglie è come San Tommaso, ma mia figlia non è Gesù, che quando il Santo gli mise il dito nel costato non battè ciglio.
Si muove in continuazione, mia figlia, ed è così che il dito di mia moglie ha sempre un pò quel retro-odore di merda.
La canzone nell'abitacolo rimanda all'Africa nera.
O laka lamma le 

O laka lamma le dja 
O laka lamma le 
Se jolaka lamma leeee.
Ma io sono solo a sud di Milano, a 300 metri la linea non è dell'orizzonte ma del casellante.
Direzione Serravalle, per un'indimenticabile giornata intera di shopping, o meglio di servizio facchinaggio e baby-sitting per me, e shopping per mia moglie.
Mi sembrerebbe più allettante come prospettiva quella cantata dal Battiato a metá canzone, quando fa:
"Per le strade di Pechino erano giorni di maggio / tra noi si scherzava a raccogliere ortiche."
Altro che raccoglierle, io le ortiche me le mangerei pure, mi ci farei un impacco concentrato passandomelo dove non posso dire se non mettendo il bollino rosso, pur di non andare a Serravalle.

Ps avete notato che perle sono i miei post? No? Vi sembrano pelosi e barbosi e brutti anche esteticamente?
Beh, certo che se continuate a fissare l'ostrica...

domenica 7 aprile 2013

Non dovete badare al cantante

Ligabue (si lo so, cominciare un post così è come firmare una confessione) cantava che non dovete badare al cantante, tutta gente che viene e che va.
Il Liga l'ha cantato sto pezzo evidentemente per scaramanzia, e gli è andata pure bene, visto che è ancora lì, sulla soglia del mezzo ettolitro di anni, coi pantaloni di pelle e il giubbotto con le frange (o frangie? o frangia? boh, avete capito, quelle ridicole strisce di pelle lungo i confini delle cuciture), a cantare vivo o morto x.
Quando sento il mio boss, penso sempre a Ligabue (un po' anche a Bruce Springsteen, ma è un'altra storia).
Ieri mi prende e mi fa:
"Beccaccia, hai fatto un casino"
"Chi, io?"
"No, soreta, certo, tu tu"
"....e che?"
"Hai chiamato i Ranzani?"
"Embè?"
"Ma tra dieci giorni scadeva il coso"
"Che cosa?"
"Il coso...là, come si chiama"
"Come si chiama il coso....boh, cosa è il coso? che ne coso io?"
"Quel pezzo di carta che ci si mette la firma e diventa qualcosa di più di un pezzo di carta"
"Ah, intendi il contratto"
"Preciso"
"Li ho chiamati proprio perchè scadeva, boss"
"Ma sei un crodino"
"E tu uno schiavista di negroni..."
"Se non li chiamavi perdevano il posto e ci potevamo mettere almeno due Maroni, o quattro Berlusconi, oppure un uomo di media statura, insomma, ci facevamo due soldi"
"E il nonno dei Ranzani? Quello è lì da 120 anni, sai come ci rimane male se lo mettiamo nella fossa comune, poi i Ranzani son fighettini lo sai"
"Beccaccia, non devi badare al Ranzani, tutta gente che viene e che va".
Quando, anche scherzando, la gente dice che il cimitero sarà la loro casa eterna, o per lungo tempo, non sa quanto si sbaglia.
Anche lì, spiace dirlo, si paga l'affitto, e dovendo farsi pagare l'affitto dai parenti superstiti, amici miei, se ci si riesce per qualche decina d'anni è già un miracolo.