I morti parlano.
I napoletani lo sanno bene.
Hanno dedicato al morto che parla un intero numero della tombola, non a caso.
"Intero" nel senso che, a differenza di molti altri numeri, il 47 ha solo un significato, in tutte le varie versioni di tombola esso è sempre o muort che parla.
In realtà i morti comunicano, più che parlare, avendo essi finito tutte le parole di ogni vocabolario.
E' un errore tipico pensare che lo strumento principale per comunicare il proprio o l'altrui pensiero siano le parole.
Le parole sono, al massimo, delle mere prove indiziarie, quanto non proprio meri indizi, del pensiero.
Tornando alle parole che non ti diranno mai, i morti comunicano, mi dicono tutto di loro.
Basta poco.
Parla per loro, in primo luogo, la foto sulla lapide.
Es.: foto di donna ottantenne, vestita di nero integrale (quasi integralista), con rosario in una mano.
Con questa foto la donna ci dice che è vedova da molti anni (si vede il cotone liso sui gomiti) e che probabilmente è morta andando in Chiesa (o tornando dalla Chiesa, o nel periodo intercorrente tra una messa e l'altra).
Es. 2: foto di ragazzo in sella ad una moto. Con tale foto il ragazzone ci dice che tracannava la vita a canna, leccandone le gocce residue sul labbro, sulla barba, persino la condensa sul vetro, anche se poi, la vita, se l'è bevuta su quell'ultima, maledetta curva, troppo veloce, troppo tardi, lasciando così la bottiglia, per sempre, mezza vuota (o mezza piena, piena di vita non vissuta).
A Milano parlano meno, i morti, perchè per loro non parlano molto i parenti.
A Napoli i parenti dei morti, invece, comunicano molto.
Troppo.
Le parole le usano (a differenza dei morti) e non le finiscono mai, neppure quando chiudi per metà il cancello per far capire loro che, se non si vuol fare la fine di Totò nella Livella, è meglio che si sbrighino.
A Napoli, nel giorno di Pasquetta, ci sono parenti che, non sapendo proprio dove altro andare, e dovendo, d'altro canto, per forza di cose, fare una gita fuori porta, se ne vengono al camposanto a fare un pic-nic sulle aiuole ben tenute.
I cimiteri campani hanno sempre aiuole ben tenute, è un mistero locale.
A Natale più di uno, a Napoli, porta al proprio estinto un mini-albero di Natale, c'è persino chi porta il presepe, e poi lo attacca con una catena agli anelli metallici che sporgono da certe lapidi (c'è chi si fotte i fiori, i gioielli dei morti, i lumini, le lapide di marmo, figuriamoci se non ti fottono un presepe).
C'è anche chi ci si trasferisce per qualche giorno, al cimitero (da vivo), il tempo di farla passare alla moglie (a Natale, a Napoli, gli "sfollati" dalle moglie aumentano in modo esponenziale).
A Napoli c'è molta più vita in un cimitero che all'interno dell'organigramma aziendale di una multinazionale, tanto per dire.
E, col linguaggio dei morti, in un cimitero (soprattutto a Napoli), c'è da farsi venire il mal di testa.